martedì 13 gennaio 2015

Dodici pensieri sull’architettura: approccio ad una teoria per il XXI secolo.

In questo scritto sono condensati in dodici brevi punti il ‘nocciolo duro’ di ciò che penso dell’architettura e la ricerca di una sintesi attorno ai valori di questa disciplina e alla sua essenza: il nocciolo di ciò che a me interessa e colpisce dell’architettura, con l'obiettivo di definire una base teorica per la costruzione di un modo di fare architettura che possa essere consono al secolo che stiamo vivendo. Questa (pur brevissima) 'teoria dell'architettura' è elaborata soprattutto a partire dal pensiero di Peter Zumthor, dal concetto di ‘Regionalismo Critico’ così come sviluppato da Kenneth Frampton a partire dagli anni 70, dalle tematiche della sostenibilità ambientale, dalla necessità di un ripensamento dell'architettura così come espressa da Peter Buchanan dal 2012 sulle pagine dell'Architectural Review con il saggio 'The big Rethink' (il grande ripensamento) e dagli scritti teorici di Juhani Pallasmaa su architettura e percezione.
Bastano poco più di dodici minuti per leggerli: un minuto ciascuno.
Molto di più per interiorizzarli. Un'intera vita può non bastare per applicarli.

1- Lo scopo dell’architettura

'Architettura' è il nome che diamo all'insieme delle sensazioni fisiche e psichiche che proviamo per il fatto di essere in un luogo costruito dall'uomo.
L’architettura è quindi un'arte, che pur si esprime con la pratica dell'edilizia. Parliamo di architettura quando un edificio muove le nostre emozioni: ci commuove e ci colpisce. Per questo motivo non sono le forme o l’arditezza dell'opera che ci coinvolgono maggiormente, ma la capacità dell’architettura di creare un luogo dalla forte identità, dall’atmosfera che ci cattura e che ci regala un istante di intensità, nel quale siamo un tutt’uno con con noi stessi e con ciò che stiamo facendo. Scopo dell’architettura è accogliere le nostre vite nella bellezza, nell’atmosfera più propria e più adatta ai nostri gesti. In questo senso l’architettura è l’arte del vivere. Non è un’arte visiva che si esprime attraverso le forme o i materiali, ma un’arte completa (non solo visiva), che ha come scopo il rafforzamento delle nostre più profonde sensazioni, e il dar loro una ‘casa’ dove crescere.

2- Il rapporto con la storia

La magnificenza e la grazia degli edifici del passato non finiscono mai di stupirci. La patina che il tempo e l’uso donano loro sono una ricchezza inestimabile. Non è pensabile riprodurre le forme e le proporzioni del passato per cercarne le sensazioni. La buona architettura contemporanea esprime se stessa e i valori e i bisogni dell’uomo di oggi: senza rinunciare ad un ‘dialogo’ con l’architettura antica da questa si distacca facendosi autonoma e per questo autentica. Una architettura della contemporaneità deve riuscire ad includere i temi architettonici della storia e a ricomprenderne i valori fondanti ma a trascenderli linguisticamente allo stesso tempo. Un buon approccio è quello di ripartire dagli archetipi del costruire interrogandosi sul loro significato primario, traendo forza espressiva proprio da esso.

3- Il senso della costruzione

Una delle cose che ci fa innamorare di un luogo è il senso di ‘ben fatto’, una sensazione tutta particolare che ci comunica compiutezza, ordine, senso delle cose. Come quando guardiamo un piccolo oggetto ben costruito, che ha dentro di sé sia la comprensione della natura dei materiali sia la capacità costruttiva dell’uomo. Pensate a una macchina fotografica, a una giacca di pelle, a un mobile di legno ben lavorato, a una scarpa elegante. La buona architettura ben costruita ci dà la stessa sensazione: le cose sono dove pensiamo che siano, gli spazi e la luce sono giusti, i materiali ci accompagnano con i loro profumi e la loro tattilità.

4- Hapticity – la multisensorialità.

La buona architettura si rivolge contemporaneamente a tutti i sensi e 'parla' alla percezione umana nella sua complessità. Recenti studi di neurobiologia hanno evidenziato che i sensi umani sono molteplici e vengono elaborati dal cervello contemporaneamente, in un modo non davvero separabile. Il valore di uno spazio dipende anche dalle sue qualità tattili, dal calore, da come riverberano il suono e le parole, da come camminando lo sentiamo con i nostri piedi, da come ci 'stringe la mano' quando lo tocchiamo. Da come si relaziona con la nostra corporeità e la nostra sensibilità di esseri umani complessi.

5- Il dettaglio

E’ la cura del dettaglio a determinare la qualità finale di un edificio. Anche il miglior progetto, quello che nasce da un’idea vincente, senza cura del dettaglio perde la sua forza e la sua stessa sostanza. Come diceva Le Corbusier è dal dettaglio che si discerne tra i buoni e i cattivi architetti. Una differenza di cinque centimetri nello spessore di un cornicione può determinarne la grazia o la pesantezza, a seconda.
Penso sempre al parallelo con il gioco. Quello che distingue un gioco da un altro sono le regole: un passaggio in avanti è permesso nel Football ma non nel Rugby. Nel calcio cinque centimetri possono fare la differenza tra un fuorigioco ed un’azione regolare, tra un goal e un salvataggio in extremis.
La regola dell’architettura è il dettaglio perché è attraverso di esso che si esprime e si mostra nelle parti che la compongono: perché il dettaglio funzioni bene occorre prima comprenderne la funzione rispetto a ciò che l'edificio vuole esprimere, poi curarlo e rispettarlo in ogni scelta.

6- Il rapporto con il paesaggio

L’architettura nasce in un luogo, si relaziona con un ambiente, con altri edifici, con il paesaggio. Una buona e semplice regola vorrebbe che ogni nuovo intervento migliori la qualità del luogo ove sorge. Come tutte le regole semplici è di difficile applicazione. Sapersi mettere in discussione, avere costanza e pazienza nella ricerca sono qualità essenziali per il buon architetto.

7- Il valore urbano e civico

Le parole città e civiltà nascono entrambe dalla parola latina civitas. E' davvero possibile scindere il valore civile di un popolo dalla qualità urbana delle città dove vive? O le due cose sono inscindibilmente legate e interdipendenti? Uno dei ruoli dell'architettura è quello della costruzione e del rafforzamento del valore civile del vivere umano attraverso l'incidere sulla qualità degli spazi ove le azioni umane hanno luogo. La buona architettura deve cercare di costruire ed integrarsi con la città, di connettersi e di intersecarsi fisicamente con essa. L'epoca degli edifici urbani iconici/spettacolari/isolati deve essere lasciata alle spalle.

8- Il regionalismo critico

Il rapporto con il luogo non è solo percettivo o sociale ma anche culturale. Un buon edificio deve sapersi misurare anche con la cultura locale. L’uso dei materiali, la reinvenzione critica delle tipologie, l’evoluzione di tecniche antiche in chiave contemporanea sono elementi che danno profondità ad una nuova architettura e che la radicano maggiormente nel tessuto culturale ove si inserisce. L’approccio critico garantisce di evitare la copia o la mimica dell’esistente.

9- La sostenibilità

Gli storici stanno cominciando a definire l’epoca che ci stiamo lasciando alle spalle come ‘la parentesi del petrolio’. L’architettura moderna è stata possibile grazie alla grande abbondanza di combustibili fossili e dei loro derivati enormemente di più che non dall’invenzione dell’acciaio e del cemento armato.
Trasmettere la cultura alle prossime generazioni significa essenzialmente trasmettere loro tutto ciò che sappiamo su cosa voglia dire essere umani. Non è quindi pensabile poter trasmettere loro una cultura senza che questa sia sostenibile, per il presente e per il futuro.
Gli anni che stiamo vivendo e quelli che verranno sono cruciali rispetto ad un radicale ripensamento in chiave di sostenibilità della creazione dell’architettura. Non solo in termini di efficienza energetica, ma di riciclabilità, rinnovabilità dei materiali, basso impatto di produzione, durata e ciclo di vita. Un approccio critico e regionale a questi temi consente grandi potenzialità rispetto alla creazione di una architettura che sia vera base culturale condivisa sulla quale si sviluppa la vita umana, intesa come insieme di relazioni con la natura e la comunità. Innamorarsi del luogo dove viviamo è condizione necessaria per desiderare che questo luogo si conservi nel futuro.

10- La percezione nel tempo

Un buon edificio cresce con le persone che lo abitano, si arricchisce dei loro contributi, dei loro oggetti e delle loro abitudini. Un buon edificio accoglie la vita di chi lo abita e non detta regole inopportune. Si arricchisce anche dei piccoli graffi, dell’usura delle maniglie e dei corrimano. Silenziosamente sa raccontare la storia delle persone che lo abitano e lo vivono e da questa trae ricchezza.

11- L’importanza della rivelazione

L’architettura autentica ci regala sempre un’emozione nuova, inaspettata: ci rivela uno stato d’animo, una possibilità che era già in noi ma che non conoscevamo o non sapevamo di avere. Quando l’architettura funziona bene fa proprio questo, influenza positivamente la nostra vita donandoci delle libertà e degli aspetti di noi stessi che non conoscevamo ancora: il regalo della bellezza inaspettata è un dono di libertà, che una volta scoperto può rimanere con noi, accompagnandoci.

12- Il ruolo culturale dell’architettura


Nella nostra epoca dell’effimero il ruolo dell’architettura è un ruolo di resistenza. La buona architettura ha ancora la capacità di trasmettere l’importanza della durevolezza e del mantenere un valore. Un buon edificio medioevale, rinascimentale, ottocentesco, postbellico o contemporaneo rimarrà tale per sempre: l’architettura vera non passa mai di moda e non si cura delle mode.

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