martedì 8 settembre 2009

Desiderio

Uno dei miei desideri più romantici è quello di riuscire a fare, una notte, lo stesso sogno che fa mia moglie: di svegliarci la mattina e di renderci conto di aver sognato insieme, di avere vissuto e condiviso la stessa esperienza in quel mondo di pura emozione e senza filtri proprio dell’inconscio che è appunto il sogno. Credo che pur nell’irrazionalità del concetto stia alla base di questo pensiero l’idea di bellezza insita nel condividere un’emozione, un’esperienza con le persone che amo. E di condividere il sogno anche come luogo quindi, luogo dove sia possibile avere in comune anche l’inconscio, eliminate alcune delle barriere di quella che chiamiamo realtà.

Una delle caratteristiche della letteratura utopica è quella di essere trasversale alle epoche, ai popoli e ai mezzi espressivi con i quali è stata prodotta di volta in volta. Negli ultimi anni è tutto un fiorire del genere, che si esprime soprattutto attraverso il cinema e i videogiochi, con intenti che vanno dall’autenticamente artistico fino al puramente commerciale. Solo per citare alcuni nomi dico Il Signore degli Anelli, Harry Potter, Star Wars, i mondi della saga di Myst. I mondi, appunto: come se oggi ci sia sempre più il bisogno di evadere dalla realtà opprimente, monotona, faticosa e noiosa delle nostre vite per entrare in un luogo che sia più definito, meno sfuggente, più chiaro, un luogo con il quale nel bene e nel male ci si possa identificare. Al contrario di quello che accade con il mondo reale, che è invece sempre più indefinito e alieno a noi, ai nostri desideri e in particolare al nostro desiderio di capirlo.

La terra di mezzo non è sicuramente un luogo accogliente, ma è un luogo che comprendiamo facilmente, con valori condivisi. Fra cui non ultimi la relazione con le cose della natura e con il bisogno di interdipendenza dagli altri esseri umani.

Credo che una buona architettura sia soprattutto un luogo che ci aiuti a capire quello che stiamo facendo: uno spazio che ci aiuti a concentrarci sul momento presente, sui nostri gesti e sulle nostre relazioni, e sul motivo della nostra presenza in quel luogo. Come dice Peter Zumthor la chiave per affrontare il problema è la capacità di progettare e realizzare una forte atmosfera di fondo, che identifichi un luogo, ossia che gli dia identità, presenza, carattere.

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Il senso del nostro fare può essere meglio compreso quando si fa proprio il fatto che le azioni umane rientrano nell’ordine del sacro.

Allora nella casa la sala da pranzo diventa il luogo del convivio, del cibo come scambio di cultura, di calore, di esperienze, di dialogo. Il ristorante è il luogo dove questo passa nella sfera civile, nella sfera pubblica: nella comunità. La camera da letto è il luogo del riposo e dell’intimità della coppia. Il luogo di lavoro è il tempio della concentrazione e della creatività. E così di seguito la strada, il negozio ecc. Ogni luogo ha il suo ordine del sacro, perché sacro è il momento presente vissuto con pienezza.

Una delle cose che desidero maggiormente è proprio riuscire a progettare degli edifici, degli spazi che aiutino a vivere questa intensità, questa concentrazione, questa qualità della vita. Penso che la buona architettura non sia tanto quella che lascia il segno con un gesto eclatante o necessariamente scultoreo, ma quella che ha in sé la capacità di creare un luogo, la qualità e l’identità di uno spazio che ci aiutino far nascere le nostre idee migliori e i nostri sentimenti più autentici, che ci permetta di provare sensazioni che in un mondo sempre più caratterizzato da segni confusi e contraddittori non riusciamo più a provare, a leggere, ascoltare, capire. Una architettura che non sia il veicolo attraverso il quale si esprima il messaggio di una data corrente artistica, ma una architettura che crei uno spazio dalla forte identità in grado di accogliere pienamente le vite delle persone che la vivono.

Credo che l’architettura possa essere l’arte del vivere.